Con questa puntata di Scuola di Futuro introduciamo uno dei concetti fondamentali dell’attività di forecasting: la probabilità di base.
Come ormai avrete capito il forecasting è probabilità. Quando partecipate a uno dei quesiti del Fantaforecasting inserite dei numeri che rappresentano la probabilità di avverarsi (o meno) degli avvenimenti proposti. Per molti, le probabilità iniziali date a ogni opzione dipendono dalle loro percezioni istintive su quell’argomento, le quali possono cambiare man mano che nuove informazioni vengono collezionate e i giudizi vengono aggiornati.
Questo è naturalmente un ottimo approccio di partenza. Il suo difetto principale, però, risiede nella primissima fase: la prima assegnazione di probabilità basata sulle proprie percezioni istintive. A volte il nostro istinto può essere un ottimo e preciso strumento. Ma in molti casi esso ci può indurre a errori di stima iniziali che ci trascineremo anche nelle modifiche successive.
Per capire meglio facciamo un esempio pratico: mettiamo che un vostro amico che è anche un ottimo chef decida di aprire un ristorante nella vostra cittadina. Mettiamo che qualcuno vi chieda quante probabilità ha, secondo voi, questo nuovo ristorante di essere ancora aperto fra 5 anni. L’istinto è, ovviamente, quello di andare “a sensazione”, usando quella che nel gergo del forecasting viene definita la “visione da dentro”. La visione da dentro rappresenta l’insieme delle informazioni in vostro possesso che sono specifiche solo al caso in questione. In questo caso sapete che il vostro amico è un ottimo cuoco e un lavoratore determinato. Inoltre sapete che sicuramente voi e altre persone del vostro giro di amici e conoscenti frequenterà il suo ristorante spesso. È facile quindi concludere che le chance siano sicuramente dalla sua parte. Probabilmente assegnerete una probabilità alta, magari del 70 o 80 percento. Forse addirittura 90 percento.
Ora però proviamo ad approcciare la domanda da un altro punto di vista. Cosa pensereste, per esempio, se vi dicessero che in Italia mediamente il 70 percento dei nuovi ristoranti chiude entro 5 anni dall’apertura? Certo, il vostro amico è un ottimo cuoco, un ottimo lavoratore, e ha tanti amici e conoscenti che saranno felici di frequentare il suo ristorante. Ma davvero pensate che la media delle persone che aprono un ristorante in Italia non abbiano anche loro queste caratteristiche (o almeno non abbiano amici come voi che pensano che le possiedano)? Sapere che nonostante questo solo il 30 percento dei loro ristoranti sopravvive oltre i 5 anni cambierebbe la vostra stima iniziale? Probabilmente sì. Questa statistica – il 70 percento dei ristoranti chiude dopo 5 anni – rappresenta infatti una probabilità di base piuttosto robusta a cui ancorare le proprie stime iniziali. È piuttosto robusta perché è molto centrata sul caso in esame. Se per esempio avessimo dati più generici solo sulle nuove attività commerciali e non in particolare sui ristoranti sarebbe meno solida. Ma potrebbe anche esserlo di più. Per esempio, potremmo avere dati specifici sulla media delle chiusura entro 5 anni dei ristoranti della vostra regione, o addirittura della vostra cittadina. Queste sarebbero probabilità di base ancora più solide.
La probabilità di base è anche conosciuta nel gergo del forecasting come “visione da fuori”, ovvero rappresenta l’informazione più solida a nostra disposizione su tutti quei casi analoghi al caso in questione ma che non sono il caso in questione. Essa serve ad “ancorare” le nostre stime iniziali a dati statistici basati su un campione quanto più ampio possibile di casi analoghi. Certo, questo non significa che essa rappresenti la decisione finale sulla stima di sopravvivenza che darete per il ristorante del vostro amico. La visione da fuori e la visione da dentro non sono infatti antitetiche. Anzi, perché una previsione sia quanto più precisa possibile esse devono completarsi a vicenda. Ci sono infatti informazioni “da dentro” che possono contribuire a modificare la stima puramente basata sulla statistica. Certo, abbiamo stabilito che essere bravi chef e avere amici che frequenteranno il suo locale non sia probabilmente sufficiente per distinguere il locale del nostro amico dalla media degli altri. Ma potrebbero esserci altre informazioni in nostro possesso che possono essere maggiormente determinanti. Per esempio, gran parte dei nuovi ristoranti comincia l’attività avendo debiti, per esempio per l’acquisto o l’affitto del locale e per il suo arredamento e ristrutturazione. Il vostro amico, però, potrebbe avere ottenuto una grossa eredità e aver potuto acquistare e arredare l’intero locale senza incorrere in debiti. Inoltre, la presenza di questi fondi può dare ampio margine al suo locale per superare un primo periodo senza utili (periodo che spesso caratterizza l’inizio di una nuova impresa). Questo sicuramente migliora la posizione del vostro amico rispetto alla media degli altri nuovi ristoratori. Inoltre, sapete che non solo il vostro amico è un ottimo chef, ma ha lavorato a lungo in ristoranti stellati facendosi un nome. Ha quindi un circuito di clienti che lo apprezzano (diverso dai suoi amici e conoscenti) molti dei quali probabilmente faranno lo sforzo di venire nel suo nuovo locale solo perché c’è lui. Anche questa è una caratteristica particolare del nostro caso in questione che lo distingue dalla media degli altri (avere chef stellati non è da tutti). Tutte queste informazioni ci permettono quindi di alzare significativamente la probabilità della sopravvivenza del suo locale dal 30 percento iniziale dato solamente dalla nostra probabilità di base. 50 percento? Addirittura forse il 60 percento. Non stime troppo rassicuranti, certo, ma ovviamente migliori del 30 percento.
Ora proviamo a pensare a che percentuale avremmo dato istintivamente avendo tutte queste informazioni specifiche sul nostro amico ma senza aver ricercato una probabilità di base a cui ancorarci. Probabilmente ben oltre il 90 percento. Magari addirittura il 100 percento. Ma come vi può spiegare chiunque lavori nel campo della ristorazione, uno dei più duri dal punto di vista imprenditoriale, purtroppo queste percentuali non possono veramente applicarsi a nessun (o quasi) nuovo ristorante.
In questo esempio cercare e trovare una probabilità di base “solida” è stato abbastanza facile. Questo tipo di statistiche è spesso messo a disposizione pubblicamente dalle camere di commercio e altre istituzioni in molti paesi. In altri casi, però, trovare una probabilità di base solida può essere molto più difficile. Prendiamo un quesito che potreste facilmente trovare sul Fantaforecasting: “Il prezzo del petrolio sarà superiore a 100 dollari al barile ad una certa data?”. In questo caso trovare una probabilità di base adatta potrebbe essere meno scontato.
Un approccio valido potrebbe essere guardare quante volte negli ultimi 5, 10 o 20 anni il prezzo del petrolio è stato superiore ai 100 dollari in quel particolare periodo dell’anno. Ma questo non è necessariamente il solo metodo utilizzabile, e nemmeno quello necessariamente più efficace. Per esempio, potremmo osservare come l’anno in cui si inserisce il quesito sia caratterizzato da grandi tensioni politiche e belliche in Medio Oriente, regione dove risiedono gran parte dei maggiori esportatori di greggio (un po’ come sta accadendo ora). In questo caso usare le stime basate su anni in cui la situazione politica della regione era molto diversa potrebbe essere fuorviante. Piuttosto, potremmo estrapolare dalla storia recente solo gli anni in cui tensioni simili si sono verificate e calcolare quante volte in quelle occasioni il prezzo ha superato i 100 dollari al barile. Anche in questo caso, però, la soluzione potrebbe rivelarsi solo limitatamente efficace. Il prezzo del petrolio è infatti soggetto a trend di lungo periodo che esulano dalle tensioni politiche contingenti, come la transizione energetica o la presenza di fonti alternative come il gas. Questo potrebbe comportare differenze notevoli tra i dati di anni caratterizzati da simili tensioni politiche in Medio Oriente ma molto lontani fra loro in termini temporali. In questo caso, quindi, potremmo dire che non esista un solo approccio valido per estrapolare la probabilità di base migliore. Il buon forecaster potrebbe dover applicare ragionamenti molto più complessi per sceglierne uno, seppur imperfetto, oppure per utilizzarne più d’uno in combinazione. Per esempio, potremmo usare i trend degli ultimi 10 anni combinati da uno studio sui movimenti del petrolio in anni caratterizzati da tensioni politiche anche più indietro nel tempo. Potremmo quindi chiederci di quanto proporzionalmente il prezzo tende a muoversi allo scoppio di nuove tensioni rispetto ai trend precedenti.
La ricerca della probabilità di base, insomma, è una attività fondamentale quanto imperfetta. Nel gergo forecaster viene definita un “craft”, un “mestiere” (o un “arte”), piuttosto che una scienza esatta.
Altrettanto soggettivo è spesso anche il modo in cui si combinano le informazioni statistiche della “visione da fuori” e quelle specifiche della “visione da dentro”. Come posso sapere quanto sposta in termini probabilistici il fatto che il mio amico ha lavorato in ristoranti stellati? Potrei provare a vedere se esistono dati sulla media di sopravvivenza dei ristoranti con chef stellati rispetto agli altri. Ma difficilmente questo tipo di dato è disponibile nella maggior parte dei contesti. Anche in questo caso l’impatto di questa informazione sulla mia probabilità di base dovrà quindi essere calcolato in modo assai soggettivo, senza nessuna regola o algoritmo prestabilito che possano aiutarci.
Insomma, forse la maniera migliore di guardare alla probabilità di base è un’”ancora” in grado di darci un punto fermo in mezzo a quella che resta una attività che si basa, nella maggior parte dei casi, sulle elaborazioni qualitative e soggettive del singolo forecaster (o, ancora meglio, di un gruppo affiatato di forecaster). Una caratteristica che rende questa attività assai difficile da delineare come scienza ma che forse ne costituisce, almeno per alcuni, il fascino.
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