Ucraina: it’s (also) the economy, stupid!
Cos’è successo: Il tema di quanto e come le sanzioni occidentali stiano danneggiando l’economia sta animando da mesi il dibattito sul conflitto in Ucraina (qui puoi trovare un lungo report dell’Economist in proposito). Mentre, però, la scarsità e l’inaffidabilità delle informazioni che ci giungono dalla Russia rendono l’incertezza in questo campo assai elevata, sull’altro contendente del conflitto le informazioni abbondano. E, purtroppo, non sono buone.
Lo studio congiunto pubblicato a settembre dal governo ucraino, la Banca Mondiale e l’Unione Europea ha mostrato infatti una situazione drammatica. La contrazione economica prevista per il 2022 è infatti senza precedenti, proiettata ad almeno il 33 percento. La percentuale di popolazione che vive oggi con meno di 5,5 dollari al giorno (uno dei principali riferimenti utilizzati dalle Nazioni Unite) è di almeno il 21 percento, mentre era pressoché inesistente prima del conflitto. Un terzo circa degli ucraini ha dovuto lasciare le proprie case. 6,6 milioni sarebbero oggi profughi in altre aree del paese, mentre 6,8 milioni sono rifugiati all’estero. Infine, secondo le Nazioni Unite sarebbero 17,7 milioni gli ucraini che abbisognato di assistenza umanitaria.
Nonostante questo, però, l’economia ucraina ha mostrato grande resilienza, evitando il collasso totale e, anzi, mostrando una parziale ripresa dopo l’estate, soprattutto grazie alla ripresa delle attività economiche nelle aree precedentemente sottoposte a operazioni militari come Kiev. L’equilibrio finora faticosamente mantenuto dal paese, però, è sempre più precario.
Perché è importante: Seppur venga spesso difficile immaginare che questi temi si possano rivelare determinanti per lo sviluppo di un conflitto come quello ucraino, l’economia potrebbe in pochi mesi diventare il nodo davvero cruciale in grado di decidere il conflitto. Più delle armi occidentali e più delle minacce nucleari russe.
Al centro del ciclone si trova oggi la Banca Centrale Ucraina (National Bank of Ukraine, NBU), che ha svolto finora un ruolo determinante per rendere il paese in grado di resistere militarmente all’aggressione russa. In questi mesi la NBU ha infatti monetizzato gran parte del deficit creato dal governo per finanziare lo sforzo bellico. È riuscita a farlo certamente coadiuvata dalla sospensione del debito e dai contributi finanziari ricevuti dagli alleati del paese. Nonostante questi sostegni esterni, però, gran parte del deficit di bilancio è stato coperto attraverso la sua monetizzazione. In pratica, La Banca Centrale ha stampato moneta per pagare il deficit di bilancio ed evitarne il collasso.
Stampare moneta, però, è raramente una soluzione di lungo termine. La moltiplicazione della moneta circolante ne diminuisce infatti il valore. Per evitare una eccessiva svalutazione, che oggi si attesta a circa il 30 percento rispetto ai livelli di inizio 2022, la Banca Centrale ha quindi fatto uso massiccio delle proprie riserve di valuta forte (dollari e euro, che vengono usati per “ricomprare” la propria valuta sul mercato, aumentandone il valore). Tali riserve non sono però infinite e, anche tenendo conto dei nuovi contributi in arrivo dai paesi alleati nei prossimi mesi, potrebbero esaurirsi già durante il 2023. L’esaurimento delle riserve e il conseguente collasso della valuta ucraina potrebbero avere effetti potenzialmente devastanti sia sulla capacità dell’Ucraina di portare avanti lo sforzo militare, sia sulla sua capacità di garantire alla propria popolazione i beni di prima necessità. Un colpo potenzialmente assai più mortale di qualunque controffensiva russa o mancato export di armi da parte degli alleati.
Cosa tenere d’occhio:
- Gli sviluppi relativi al mancato mantenimento, finora, delle promesse di aiuto finanziario da parte dell’Unione Europea, che ha versato solo 1 miliardo di euro dei 9 promessi. Se le posizioni dei governi europei dovessero nel frattempo modificarsi, tali dichiarazioni di intento potrebbero infatti rimanere tali per sempre.
- Gli sviluppo politici interni agli Stati Uniti, il sostenitore finora più generoso dell’Ucraina. Se infatti le prossime elezioni di Midterm a inizio novembre dovessero vedere una decisa vittoria da parte dei Repubblicani, gli aiuti USA potrebbero vedere un sostanziale ridimensionamento, soprattutto sul piano finanziario.
Economia di guerra russa, poco economica ma molto di guerra
Cos’è successo: Settimana scorsa le autorità russe hanno annunciato la fine della mobilitazione parziale, dopo aver raggiunto l’obiettivo di 300000 reclute. È probabile che i russi vogliano tenersi le mani libere per poter meglio gestire la prossima ondata della leva ordinaria, che inizierà a novembre. C’è però anche la questione della mobilitazione industriale che pesa sullo sforzo bellico russo.
La “mobilitazione” dell’economia civile russa è di fatto impossibile, visto che molte fabbriche non possono essere coinvolta nella produzione militare a causa di limiti di materiali e macchinari inadatti. La stessa industria militare non può però essere ampliata a causa della mancanza di attrezzature e dei numerosi colli di bottiglia associati all’importazione di componenti.
Mosca sta anche vivendo un’ondata di fallimenti e di svendite degli impianti dell’industria della difesa. Numerosi impianti di produzione militare russi stanno chiudendo, tra cui sette impianti di riparazione veicoli e un Impianto di riparazione per strutture di rifornimento e trasporto di carburante. Sono per lo più le entità appartenenti a Spetsremont JSC, controllata dal Ministero della Difesa russo e impegnata nella riparazione e modernizzazione di veicoli blindati.
Perché è importante: Le fabbriche rimanenti stanno vendendo attrezzature e macchinari uniche dal mondo per una miseria, e il personale esperto viene spesso licenziato o arruolato dalle forze armate. Come prevedibile, questo processo è stato accompagnato da numerosi scandali di corruzione e intaccherà le capacità russe.
La maggior parte delle aziende utilizza la vendita di attrezzature per finanziare la produzione futura. Ma si tratta di un processo lento. E tutto questo avviene in un momento di estrema urgenza per il rifornimento di attrezzature militari critiche alle forze russe in prima linea. Sul campo sono già comparsi numerosi esemplari di carri T-62, che come suggerisce il nome sono stati prodotti per la prima volta negli anni ‘60, mentre le reclute sono spesso armate con fucili arrugginiti o inutilizzabili.
Cosa tenere d’occhio:
- Notizie su ulteriori mobilitazioni e la continuazione del reclutamento, nonostante la fine de jure della mobilitazione parziale. Più solati sono sul campo, meno lavoratori specializzati saranno a disposizione delle industrie belliche.
- La chiusura di ulteriori aziende e l’espansione del mega-conglomerato Rostec, che spesso acquisisce in extremis fabbriche sull’orlo del fallimento.
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